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“I was shot, i was shot…”

Probabilmente le ultime parole di John Lennon assassinato 40 anni fa.
di Enrico Daniele.    

La foto scattata da Annie Leibovitz per la copertina di Rolling Stone la mattina prima dell’omicidio di Lennon.

8-12-80 New York City, ore 22:50.
John Lennon e la moglie Yoko Ono scendono dalla loro limousine davanti all’ingresso del Dakota Building, la loro residenza cittadina.

Era stata una intensa giornata di lavoro per la coppia: seduta fotografica con Annie Leibovitz per la copertina di Rolling Stone, un’intervista rilasciata al dj di San Francisco, Dave Sholin, per la RKO Radio Network e le registrazioni ai Record Plant Studios protrattesi sino a tarda sera.

Perciò, prima di recarsi a cena con la moglie, Lennon vuole dare un saluto al piccolo Sean di cinque anni.

Nascosto nell’ombra, dopo ore di attesa, l’ex guardia giurata Mark Chapman incontra con lo sguardo Lennon. L’ex Beatles dà l’impressione di riconoscerlo (nello stesso giorno, infatti, gli aveva autografato un disco) e, fatti pochi passi, viene raggiunto alla schiena da quattro colpi di revolver sparati da Chapman, uno dei quali gli trancia inesorabilmente l’aorta. Tuttavia, Lennon ha la forza di salire pochi gradini e pronunciare le sue ultime parole al guardiano del palazzo: “I was shot, i was shot” – mi hanno sparato, mi hanno sparato – prima di cadere al suolo e perdere i sensi.  Trasportato d’urgenza al Roosevelt Hospital,  nella sala del pronto soccorso risulteranno inutili i tentativi di rianimarlo e alle 23:15 Lennon verrà dichiarato morto.

Aveva compiuto 40 anni solo qualche mese prima e oggi ne sono passati altri 40, ma il mito di John Lennon rimane inalterato e l’ex Beatles che voleva cambiare il mondo predicando la pace e l’unità, continua ancora oggi ad essere ispirazione per i giovani di ogni età.

Mark Chapman nelle foto segnaletiche della polizia di New York dopo l’arresto.

“Ero un nulla totale e il mio unico modo per diventare qualcuno era uccidere l’uomo più famoso del mondo, Lennon. – le dichiarazioni di Chapman anni dopo l’omicidio – Eravamo come due treni che correvano l’uno contro l’altro sullo stesso binario. Il suo “tutto” e il mio “nulla” hanno finito per scontrarsi frontalmente”.

Scampato alla sedia elettrica per essersi dichiarato colpevole dell’omicidio, Mark Chapman, depresso cronico, fu condannato alla pena minima di 20 anni e all’ergastolo. Scontata la prima parte, nel 2000 gli venne rifiutata la libertà sulla parola così come ad agosto del 2019 la commissione giudicante gli ha negato la libertà condizionata.

I Beatles sorvegliati speciali, gli 80 di Lennon e l’addio a Eddie Van Allen

I servizi segreti italiani spiavano i Fab durante il loro tour italiano nel 1965.
Il compleanno di Lennon, l’uomo che “immaginava” un’utopia.
Ci ha lasciato Eddie Van Allen, il “Paganini” della chitarra elettrica.
di Enrico Daniele.    

Gli 007 nostrani sulle orme Beatles.

Mi capita sovente presentare spettacoli musicali con canzoni o tematiche inerenti i Beatles e, ogni volta, la difficoltà maggiore è quella di trovare argomentazioni per intrattenere il pubblico nelle pause tra le performances dei gruppi chiamati ad interpretarne le canzoni, senza annoiarlo con i soliti racconti. Difficoltà dovuta al semplice fatto che dei Beatles si sa praticamente tutto.

Tuttavia, adesso ho un argomento in più da approfondire e sviluppare per i prossimi miei intrattenimenti per il pubblico, grazie alle rivelazioni di Guido Crapanzano, conosciuto a livello internazionale come illustre numismatico, un po’ meno per essere stato, con il suo complesso, nientemeno che gruppo spalla nella tournée italiana dei Beatles.

Era il giugno del 1965 e “Guidone e gli Amici”, questo il nome del complesso fondato da Crapanzano nel 1963, furono scelti dall’organizzatore delle tre date italiane dei Beatles (Milano, Genova e Roma) e con loro altri artisti quali Fausto Leali, Peppino Di Capri, i New Dada, Le Ombre e Angela.

Nell’intervista per il sito web CoolMag, Crapanzano ha confidato al giornalista Rai Michele Bovi che l’organizzazione gli aveva affidato una stanza d’albergo vicino a quella dei Beatles e, grazie al suo fluente inglese, era l’unico ad avere uno stretto contatto con il loro entourage. Se avessero avuto necessità di qualcosa si sarebbero rivolte a lui, anche solo per…una bottiglia d’acqua, ricorda Crapanzano.

Fin qui niente di straordinario, tuttavia “Guidone” ricorda di essere stato avvicinato da una persona che gli era stata presentata dall’organizzazione come giornalista ma, dalle domande che il tizio gli aveva posto, gli sembrò piuttosto un uomo dell’intelligence italiana. “Non voleva un’intervista – ricorda Crapanzano – ma soltanto ragguagli sull’ambiente italiano dei musicisti e segnatamente sui quattro artisti inglesi: la preoccupazione maggiore mi sembrò fosse riferita all’uso di stupefacenti. Fui felice di testimoniargli che l’unica droga di cui John, Paul, George e Ringo dimostravano di fare ampio uso era la musica”.

Non c’è da stupirsi più di tanto dell’interessamento degli 007 italiani perché il “fenomeno Beatles”, scoppiato già da qualche anno, era destinato a cambiare non solo la musica, ma influenzare significativamente gli usi e i costumi dei giovani di allora e di molte generazioni successive.

Tanti auguri John.

Ucciso l’ 8 dicembre 1980 per mano di Mark David Chapman, ex guardia giurata con un passato di tossicodipendenza e fan dei Beatles e di Lennon in particolare, il 9 ottobre John avrebbe compiuto 80 anni.

Ne sono passati 40, ma è come non lo fossero. Di lui e dei Beatles, infatti, non passa giorno che non si parli, non si scriva, non si ascolti, non si veda qualcosa.

Lennon, se oggi fosse con noi, di certo rinnoverebbe al mondo quella sua grande utopia, riassunta meravigliosamente nella magnifica, quanto assolutamente attuale “Imagine”. Una canzone che è un inno pacifista per eccellenza, ma non solo. L’idea di un mondo senza confini, di un’umanità senza il bisogno di possedere e quindi senza la necessità di uccidere o sottomettere qualcuno per ottenere ricchezza e potere. Un mondo senza più fame, dove non è necessaria alcuna religione, se non l’unica, universale, raccolta nel nuovo significato dato alla parola “love”, intesa da Lennon in maniera differente da come le “canzonette” l’avevano sin prima definita – amore tra un uomo e una donna – ora sublimata nel più ampio e globale concetto di amore planetario: quel “pace & love” presente nell’immaginario collettivo dei giovani di allora.

La sua utopia, purtroppo, è rimasta tale, ma ci piace immaginare l’occhialuto ottantenne Lennon ancora a fianco di Yoko Ono nelle sue performance pacifiste a gridare al mondo che ciò che serve è altro rispetto a quanto, ancora oggi, ci vogliono far credere.

Ciao Eddie!

Vinto da un male incurabile che lo aveva aggredito ormai da vent’anni, il 6 ottobre scorso all’età di 65 anni ci ha lasciato Eddie Van Allen, fondatore nel 1972 assieme al fratello Alex dell’omonima band hard rock progressivamente virata nel genere heavy metal.

Di origini olandesi, ma naturalizzato statunitense, Eddie è considerato tra i più grandi virtuosisti della chitarra elettrica, dotato di uno stile originale ed innovativo, sempre ai vertici nelle classifiche dei migliori chitarristi.

Capace di estrarre ogni volta qualcosa di “impossibile” dalla sua sei corde, si meritò l’appellativo di “Paganini” della elettrica, quasi a identificare le sue performance come uniche ed irripetibili, come quelle del sommo violinista genovese dell’Ottocento.

I 50 anni di Abbey Road

L’ultimo atto dei Beatles, che avevano ancora molto da dire.

di Enrico Daniele

Esce oggi per Apple Corps Ltd./Universal Music, in versione rimasterizzata e con molte tracce inedite, Abbey Road, l’ultimo capolavoro dei Beatles uscito nella versione originale il 26 settembre 1969.

L’album con la famosa copertina che ritrae i quattro di Liverpool attraversare la strada in fila indiana sulle strisce pedonali di Abbey Road, fuori dagli studi di registrazione della EMI Records, rimane forse il più bello dei Beatles, il penultimo in studio, ma l’ultimo registrato insieme da Lennon, McCartney, Harrison e Starr. Dopo l’uscita di Abbey Road, le strisce pedonali di quella strada sono diventate uno dei luoghi universalmente più fotografati, tutelati come un monumento storico e visitati ogni anno da migliaia di fan dei Beatles. Grazie al grande successo dell’album, gli studi della EMI vennero addirittura ribattezzati Abbey Road Studios, diventando lo studio di registrazione più famoso al mondo.

L’opera esce in molti formati (Box Super Delux, Delux Vinyl Box limited edition, Deluxe 2CD, 1CD 1 LP e una edizione limitata da 1LP Picture Disc con nei due lati raffigurata la storica cover di Abbey Road) e contiene il nuovo stereo mix, realizzato direttamente partendo dalle otto tracce dei nastri originali, mixati da Giles Martin (figlio di George, il produttore considerato a pieno titolo il “quinto Beatles”) e Sam Okell, che insieme hanno lavorato con un team di esperti ingegneri e specialisti del restauro del suono agli Abbey Road Studios.

All’epoca, era il 1969, i Beatles litigavano praticamente su tutto, facendo emergere rancori covati per anni, ma costretti per esigenze contrattuali a far uscire un album.

In queste condizioni, difficilmente qualcuno ci sarebbe riuscito. Non i Beatles, chiamati a raccolta da Paul McCartney che aveva in precedenza contattato George Martin. Insieme, messi da parte i vecchi rancori, sfornarono uno dei risultati migliori di sempre.

“Come Together” di John Lennon apre l’album dove l’impronta più forte è lasciata però da George Harrison con la meravigliosa “Something” e con “Here Come The Sun”. Ringo Starr mette il suo sigillo con “Octopus’s Garden”, un brano “italiano” scritto durante una vacanza solitaria in Sardegna. Tuttavia, è Paul McCartney a caratterizzare il lato B dell’album con un medley di 16 minuti, in una vera e propria “opera rock”. Il finale è un assolo di batteria di Ringo: quel “The End” con la sola semplice frase “And In The End, The Love You Take Is Equal To The Love You Make”

Una “anniversary edition” che non può mancare nella discoteca di tutti gli appassionati dei Beatles.

La tracklist di Abbey Road
Lato A
Come Together (Lennon-McCartney) – 4:20
Something (Harrison) – 3:03
Maxwell’s Silver Hammer (Lennon-McCartney) – 3:27
Oh! Darling (Lennon-McCartney) – 3:26
Octopus’s Garden (Starkey) – 2:51
I Want You (She’s So Heavy) (Lennon-McCartney) – 7:47

Lato B
Here Comes the Sun (Harrison) – 3:05
Because (Lennon-McCartney) – 2:45
You Never Give Me Your Money (Lennon-McCartney) – 4:02
Sun King (Lennon-McCartney) – 2:26
Mean Mr. Mustard (Lennon-McCartney) – 1:06
Polythene Pam (Lennon-McCartney) – 1:12
She Came In Through the Bathroom Window (Lennon-McCartney) – 1:57
Golden Slumbers (Lennon-McCartney) – 1:31
Carry That Weight (Lennon-McCartney) – 1:36
The End (Lennon-McCartney) – 2:19
Her Majesty (Ghost Track – Lennon-McCartney) – 0:23

The BigBeat all’Arena di Montemerlo

Torna in scena The BigBeat.

Dopo i successi nella prima alla Sala San Tommaso Moro di Piombino Dese, alle due date al Teatro Manzoni di Paese (TV) e a quelle presso il Piccolo Teatro Don Bosco di Padova – tutte “sold out” – l’opera musical teatrale ideata da Ivo Zorzi e messa in scena dalla Compagnia Arte Povera per la regia di Francesco Boschiero, si presenta al pubblico dell’Arena di Montemerlo, inserita nella rassegna “Estate in Arena 2018”.
Il 28 luglio 2018, alle ore 21:30, si aprirà il sipario per raccontare la storia d’amore e amicizia di Jude e Lucy, che con i loro compagni vivono la giovinezza nella seconda metà degli anni ’60, sullo sfondo di un’America controversa tra guerra in Vietnam e movimenti pacifisti, con una colonna sonora unica: le canzoni dei Beatles, arrangiate ed interpretate magistralmente dalla BigBeat Band, accompagnate dalle coreografie del corpo di ballo Dance Skyland diretto da Monia Masiero.
Uno spettacolo che non è musical, non è un concerto e non è una rappresentazione teatrale, ma un mix di tutto ciò. Le scene si susseguono e la storia attrae e coinvolge il pubblico sin dalle prime battute, in un crescendo di situazioni ed emozioni che porteranno ciascuno dei presenti ad immedesimarsi e riconoscersi nei protagonisti, sino all’epilogo finale.
The BigBeat
Personaggi ed interpreti:
Jude: Francesco Zanlungo
Lucy: Linda Sperindio
Wal: Antonio Toniolo
Robert: Pasquale Locurcio
Jo-Jo: Giacomo Biagetti
La Big Beat Band:
Andrea Cagnin, chitarra
Lorenzo Turcotte, tastiere
Mauro Bonaldo, basso
Marco Perin, batteria
Ivo Zorzi, voce narrante, chitarracon
The BigBeat Choir:
Lucia De Carlo
Michele Vallerotonda
Silvia Bertani 
Mauro Perazzolo.
e il corpo di ballo Dance Skyland diretto da Monia Masiero

ARENA DI MONTEMERLO 28 luglio 2018 
sipario ore 21:30
Ingresso Euro 12,00
Ridotto Euro 10,00 (minori di anni 14 e soci Pro Loco Montemerlo)
In caso di maltempo lo spettacolo sarà rinviato al 29 luglio 2018

Prevendite senza costi aggiuntivi:
c/o
Tabaccheria Mauro Alfine
via Repoise, 5 – Montemerlo (PD)

Cartoedicola da Nicola
via XVI marzo, 25 Albignasego (PD)

Prenotazioni on line:

info@musikkoman.it
Enrico +39 347 536 8040

Gli Elbow interpretano i Beatles

di Redazione

Dei “Fab Four” sentiamo suonare quasi sempre gli stessi brani. In radio non passa giorno che non venga messo in onda un disco dei Beatles. Continua a leggere

Un grande successo la prima di The BigBeat

“Sold out” al debutto dello spettacolo ideato da Ivo Zorzi con le musiche dei Beatles

di Enrico Daniele
(foto per gentile concessione di The BigBeat)

Sabato 9 settembre al teatro San Tommaso Moro di Piombino Dese è andata in scena la prima assoluta di The Big Beat, Continua a leggere

The BigBeat, l’amore, la guerra in un decennio che ha cambiato la storia

A pochi giorni dal debutto l’intervista a Ivo Zorzi, ideatore dello spettacolo con le musiche dei Beatles

Ivo Zorzi, ideatore e coautore assieme a Francesco Boschiero dello spettacolo musical-teatrale The BigBeat, una storia d’amore ambientata nell’epoca sfolgorante dei Beatles

di Redazione
(foto di Nicola Fasolato)

Dei Beatles e sui Beatles si è fatto e scritto di tutto. Di loro conosciamo ogni minimo dettaglio.
E non potrebbe essere diversamente per un gruppo che con le loro canzoni ha influenzato non solo il mondo della musica, ma anche quello dei costumi, della moda e del pensiero di intere generazioni. Un fenomeno mediatico mondiale che, in un’epoca dove non esisteva internet, è riuscito a contaminare tutti.

Tuttavia, qualcosa non era ancora stato fatto, così almeno ne è convinto l’ideatore di The BigBeat, lo spettacolo musical-teatrale ideato e realizzato da Ivo Zorzi, apprezzato chitarrista e cantante in molte formazioni (ndr, Sgt Pepper’s Beatles tribute band, DOC, Ivo musicante e i banditi presi per caso, Maurizio Boldrin’s Band)
Musikkoman lo ha incontrato a qualche giorno dal debutto dello spettacolo che avverrà presso la Sala San Tommaso Moro di Piombino Dese.

MK: “Ivo, quando hai maturato l’idea di uno spettacolo sui Beatles?”
Zorzi: ”L’idea mi è venuta nel 2015, mentre partecipavo come attore al JCS Superstar con la compagnia CDM, dove interpretavo Giuda. Nella mia mente mi sono immaginato di mescolare i testi e le musiche dei Beatles con una storia d’amore rappresentata da attori di teatro, unitamente alle coreografie di un corpo di ballo”

MK: “Non propriamente un musical quindi…”
Zorzi: “No, assolutamente. Né musical, né teatro, ma un qualcosa di più che mi risulta non essere mai stato fatto. Tra l’altro questo è ciò che più mi preoccupa. E’ una prima volta per tutti, per me e per il pubblico che mi auguro possa apprezzare l’idea”

MK: “Un’idea nuova quindi. Per realizzarla hai dovuto unire gli attori di una compagnia teatrale, di un corpo di ballo, di un gruppo di musicisti”
Zorzi: “…e di un regista che sapesse interpretare le mie idee e fosse in grado metterle in scena. É stato il lavoro più difficile perché senza un regista lo spettacolo non poteva essere realizzato. Non ti nascondo che ho faticato molto a trovarlo e dopo alcuni tentativi ho incontrato Francesco (ndr, Francesco Boschiero, regista, attore, e direttore artistico di eventi culturali). La cosa stupefacente è che lui non conosceva per nulla i Beatles, nemmeno i loro maggiori successi …lui è più giovane di me e probabilmente non ne aveva mai avuto l’occasione. Sta di fatto che, quando gli ho proposto l’idea, è stato subito entusiasta di esserne il regista e di accettare una sfida mai combattuta da nessuno.”

MK: “Parlaci dello spettacolo”
Zorzi: “È la storia di due innamorati Jude e Lucy, che vivono l’America nel decennio dai ’60 ai ’70. Crescono con i loro amici in un’epoca controversa, dove i costumi e le idee stavano cambiando, sullo sfondo di una guerra (ndr, quella del Vietnam, la prima ad essere trasmessa in tv) che non era piaciuta a nessuno ed aveva scatenato i movimenti pacifisti di tutto il mondo. Colonna sonora le musiche dei Beatles che dagli inizi, contaminate dal rock’n’roll, passeranno poi a quelle più psichedeliche nell’epoca caratterizzata dalle più disparate sperimentazioni di ogni tipo di droghe, sino ai “figli dei fiori”, l’epoca dell’amore libero. Ecco, in breve sintesi, la trama: tutto ruota sostanzialmente intorno ad una parola, anzi, alla parola più usata nelle canzoni dei Beatles, declinata in altrettante infinite situazioni, in un concetto universale: love.”

MK: “Se posso permettermi, trovo l’idea eccezionale, veramente!”
Zorzi: “Lo spero, anche se ti devo dire che all’entusiasmo e all’impegno di tutti i protagonisti dell’opera, affidati alla sapiente direzione di un regista che ha faticato non poco a mettere su un unico binario tutti i nostri istinti che ci avrebbero portati in direzioni diverse, ora subentra una notevole tensione, una paura che, mi auguro, sparisca nel momento in cui il sipario si aprirà la sera della prima (ndr, sabato 9 settembre).”

MK: “Cosa ti aspetti di trovare in fondo a quello che tu definisci un “salto nel buio”?”
Zorzi: “In fondo al salto mi piacerebbe trovare uno spettatore emozionato in maniera diversa. Nei 5 quadri dello spettacolo, vorrei che ogni spettatore ne trovasse almeno uno che lo identifichi e che lo lasci con “un cuore grande così”.

Allarga le braccia Ivo quando pronuncia la parola “cuore” con la sua caratteristica “erre” arrotata, e contemporaneamente i suoi occhi brillano di luce. Segno evidente che quel “salto nel buio” se da una parte lo preoccupa, dall’altra lo spingono ad accettare una sfida con entusiasmo e che noi tutti ci auguriamo possa vincere alla grande!

E, come si suol dire in questi casi, tanta m….a, m….a, m….a Ivo!

La Redazione di Musikkoman™

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